06/05/2025 -> 11/05/2025
Teatro
UN MUSICAL ISPIRATO ALLE STORIE DELLE FALSE VITTIME DEGLI ATTENTATI DI PARIGI DEL 13 NOVEMBRE 2015
Sembra che la gente sia invidiosa della sfortuna che ci sta accadendo.
Christine Villemin
La diva del Bataclan è un musical dissacrante e provocatorio che affronta il tema delle false vittime degli attentati terrostici di Parigi del 2015.
Gabriele Paolocà scrive, assieme al compositore Fabio Antonelli, un’allucinazione musicale per reinterpretare in forma scenica un agghiacciante fatto di cronaca.
Sul palco la poliedrica artista e performer Claudia Marsicano che, accompagnata da un ensemble di tre musicisti, userà la musica per penetrare i meandri di una storia che tanto racconta degli abissi dell’umanità del ventunesimo secolo
L’indagine
Nel mio percorso di autore e regista ho sempre posto particolare attenzione alla comprensione delle modalità esistenziali del nostro presente. Grandi questioni ci attraversano, inafferrabili e intraducibili agiscono su di noi e lentamente ci cambiano, irreversibilmente, e noi non ce ne rendiamo conto. Nomino le tre che da sempre mi stanno più a cuore: la fine dell’impero d’Occidente, il disfacimento del pensiero religioso e la tirannia del mondo digitale. Per spiegare la genesi de La diva del Bataclan partirò da quest’ultimo.
Il digitale sta radicalmente cambiando il nostro modo di stare al mondo. Gli effetti di perfusione del web mutano i nostri corpi, le nostre menti e i nostri comportamenti sociali. I cambiamenti che questa nuova era tecnologica sta mettendo in campo sono enormi, una vera e propria mutazione antropologica della quale non ci stiamo ancora veramente preoccupando. Lo spazio virtuale diventa il luogo di costruzione del nostro altro digitale, un altro che agisce in un contesto diverso dal reale, con delle sue regole e con la possibilità di una vera e propria sostituzione d’identità.
Gli attentati terroristici di Parigi del 2015 sono stati i primi, di portata così grande, accaduti dopo l’avvento dei social. Per la prima volta la community del world wide web si è trovata a manifestare la sua potenza mediatica in relazione a un accadimento traumatico e dal forte impatto emotivo. Tutto il mondo ha condiviso il proprio orrore, le proprie ansie, le proprie paure, ognuno ha dato sfogo al suo “narcisismo algoritmico” esprimendo la propria opinione. Chiunque, sulla propria bacheca, ha lucrato un po’ di fama commentando quelle immagini atroci.
Ed è anche grazie ai social media se i sopravvissuti in primo luogo, ma anche i parenti e i conoscenti dei morti e dei feriti, sono stati investiti da un'attenzione e da una solidarietà senza precedenti. Un gruppo di disgraziati è divenuto, tutt'a un tratto, una elìte innalzata a un livello di autorità tale da potersi quasi avvicinare alla sacralità. E, di conseguenza, per assurdo, un’inaspettata fonte di invidia. E’ famoso il caso del giornalista Antoine Leiris, che due giorni dopo l’attentato scrisse su Facebook una lettera aperta agli assassini di sua moglie dal titolo “Non avrete il mio odio”. Quella lettera venne ricondivisa da mezzo mondo permettendo poi a Leiris di diventare uno scrittore di successo. “I social però hanno fatto anche cose buone” direbbe qualcuno, e in effetti è vero. Facebook ha permesso a tutte le vittime - in un arco di tempo ristrettissimo, una manciata di giorni - di trovarsi, conoscersi e aggregarsi in gruppi che sono poi diventate delle riconosciute associazioni di vittime. E’ il caso dell’importantissima Life for Paris, nata a a seguito di un testo pubblicato su Facebook da una sopravvissuta del Bataclan, Maureen Roussel:
Mi chiamo Maureen, ero al Bataclan con mio marito la sera del 13 novembre. Noi siamo tra i sopravvissuti, non feriti, ma segnati per la vita da quanto accaduto quella sera […]. Se parlo qui è per rivolgermi a voi; tu che eri nella stanza. [...] Siamo più di 1000. Più di 1000 hanno lasciato questa stanza, più di 1000 persone per le quali le cose non saranno mai più le stesse... [...] So che abbiamo ancora qualcosa da dare. [...] Il mondo ci ha dimostrato il suo sostegno attraverso lo slogan "Pray for Paris", propongo di creare “Life for Paris”, un'associazione di dialogo e sostegno dove ogni persona sopravvissuta a quella notte troverà una casa. […] Viva il rock, viva la libertà, viva Parigi e soprattutto viva la vita. [...]
Quasi duemila persone commentarono quella chiamata. L'account di Flo Kitty fu tra i primi venti a reagire: “Che bella iniziativa! Il mio migliore amico è appena uscito dal coma.” Il messaggio terminava con uno smile triste. Dietro l’account di Flo Kitty si nascondeva l’identità di Florence Munjalt che, il 22 marzo 2018 - tre anni dopo gli attentati-, venne riconosciuta dal tribunale di Créteil, comune dell’hinterland parigino, colpevole di frode, falsificazione e violazione della fiducia e per questo venne condannata a quattro anni e mezzo di reclusione. L’invidia scaturita dal clamore mediatico e la prospettiva di un indennizzo economico portò Florence, e almeno un’altra quindicina di persone, a provare a spacciarsi come vittime di quegli attentati. E a creare il fenomeno delle false vittime.
Il profilo della falsa vittima unisce al suo interno mitomania, miseria sociale e narcisismo patologico. La falsa vittima è l'emblema della brutalità del nostro tempo, dove la spinta individualista si scontra con la dura realtà di un sistema al collasso, e dove l’ostinata volontà di perseguire a tutti i costi il famigerato “sogno di gloria” flirta con l’impossibilità di raggiungimento di quel sogno, spingendo la falsa vittima verso la perversione più estrema e paradossale: desiderarsi primo tra gli ultimi, protagonista incontrastato della sconfitta.
Quello che mi interessa indagare, attraverso lo spettacolo La Diva del Bataclan, è il processo interiore che ha portato questi individui a voler diventare una falsa vittima. Ritengo che, nell’analisi di questo processo, si possano individuare profili emblematici della nostra società, dei riflessi esplosi ed estremizzati di ognuno di noi. La falsa vittima è ciò che noi tutti siamo, soltanto in maniera esagerata, più grande, più intensa e più visibile.
Il desiderio di riconoscimento delle proprie fatiche e delle proprie sfortune, e in generale la possibilità di “vittimizzarsi”: ecco i valori fondanti del nuovo secolo.
Quello che voglio costruire però è un personaggio che sia agli antipodi del patetismo, che non induca lo spettatore alla pena e alla compassione nei suoi confronti, ma piuttosto che sia intrigante e accattivante, che attivi tutte quelle dinamiche di attrazione che ci spingono ad amare quei personaggi che sono espressione di una ribellione alla morale e alle convenzioni. Un personaggio che vada oltre le regole, che le riscriva tentando il tutto per tutto, lanciandosi in un vortice di menzogna che lo porterà in quei luoghi inesplorati situati al di là della verità
Gabriele Paoloca’ è regista, autore e attore di teatro e cinema. E’ membro fondatore della compagnia VicoQuartoMazzini (Premio Hystrio come migliore compagnia emergente) con cui dal 2010 attraversa scritture originali e rivisitazioni di grandi classici del teatro e della letteratura. L’intento del suo lavoro è quello di rivelare le grandi storie capaci di indagare le impellenze del nostro tempo, raccontandole attraverso le molteplici possibilità dell’arte scenica e performativa. Tra i suoi lavori: La Ferocia (2023), dal romanzo di Nicola Lagioia, prodotto da SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione, Elsinor Centro di Produzione Teatrale, LAC Lugano Arte e Cultura, Romaeuropa Festival, Tric Teatri di Bari, Teatro Nazionale Genova; Livore. Mozart & Salieri (2020), prodotto da SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione e Festival delle Colline Torinesi; Vieni su Marte (2018) sostenuto da Mibact e SIAE nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina”; Leave the Kids Alone (2018), installazione prodotta da Fabulamundi Playwriting Europe; Karamazov (2017), progetto speciale ospitato al debutto dal Teatro Petruzzelli di Bari; Little Europa (2016) riscrittura de “ll piccolo Eyolf” di Henrik Ibsen, selezionato dall’Ibsen Festival di Oslo; Amleto Fx(2015), Premio In-box e Direction Under 30. Per Rai Radio3 realizzano Chi semina vento (2019), radiodramma originale ispirato a “La guerra dei mondi” di Orson Welles e Vivere è guerra con i troll del cuore e del cervello (2015), un omaggio a Henrik Ibsen. Nel 2015 vince il Premio Hystrio come migliore attore under30.
Claudia Marsicano È un'attrice di cinema e teatro, performer e regista, vincitrice del Premio Ubu nel 2017. E' nota per gli spettacoli teatrali R.osa di Silvia Gribaudi, candidato nel 2017 al Premio UBU come miglior spettacolo di danza e portato in tour in tutto il mondo, Socialmente e Tropicana della compagnia milanese Frigoproduzioni. Ha lavorato inoltre con la compagnia LeviedelFool in Heretico e Made in China. Partecipa al film Mi chiedo quando ti mancherò, regia di Francesco Fei. Nel 2021 è stata scritturata da Cattleya per interpretare il ruolo di Caterina nella serie Noi, versione italiana di This Is Us
progetto, scrittura, lyrics e regia Gabriele Paoloca’
con Claudia Marsicano e un ensemble di tre musicisti
musiche composte da Fabio Antonelli
concept dello spazio Blivet
supervisione alla drammaturgia Gioia Salvatori
assistente alla regia Francesco Meloni
una creazione vicoquartomazzini
prodotto da Cranpi, Scarti Centro Di Produzione Teatrale D’innovazione, Romaeuropa Festival
con il sostegno di Carrozzerie | n.o.t. Teatro Biblioteca Quarticciolo