Sguardi sul dolore del ricordo
(dramma di pensiero in tre atti) Studio I e II atto
La sua gestazione ha avuto in me i tempi faticosi della rivelazione lenta e sommersa, abbordando quel dramma che il pensiero non sa, non vuole, non può gestire. Per arrivare a centrarne il “dramma di pensiero” ho buttato via più materiale di quello che resta. Ma il resto, quello che rimane, è per me il punto ultimo di concentrazione di un racconto che accoglie sviluppa e inquadra il problema della complessa, sporadica e sempre piuttosto colpevolizzante, gestione interiore dei morti. Non la morte dunque, e non il problema del morire e di chi muore, che sappiamo tutti risolversi sotto la misteriosa campana del nulla, che strangola sul nascere ogni comprensione. Ma i morti, il loro modo di esistenza in noi e fuori di noi, la loro frammentata frequentazione interiore e soprattutto il rammendo laborioso del loro ricordo sempre cosi poco all’altezza della persona morta, cosi poco fedele a lei e cosi profondamente reinventato da chi invece vive. E con i morti, una riflessione aperta sul lutto che ne deriva, la cui elaborazione non è detto sia l’unica soluzione, anzi, là dove una certa vulgata psicologizzante di malcerte origini freudiane comanda, esige, impone di assegnare il più velocemente possibile al proprio desiderio un oggetto nuovo per rimpiazzare l’oggetto perso, forse è li che interviene un racconto, anche uno piccolo come questo, pratica del singolare per antonomasia, a sdoganare il diritto di affermare la tragica e radicale insostituibilità di ogni oggetto d’amore perso, di ogni persona cara scomparsa. Il dramma di pensare o meno ai morti è comunque il dramma di pensiero di chi resta e distribuisce o ritira, senza neanche accorgersene, un’esistenza. Di che tipo sia l’esistenza dei morti non saprei dire, ma come predica Etienne Soreau “Non c’è un esistenza ideale, l’ideale non è un genere d’esistenza” La Vita Ferma è dunque uno spazio mentale dove si inscena uno squarcio di vita di tre vivi qualunque, “padre, madre, figlia” attraverso l’incidente e la perdita. È occorso anche qualche inceppo temporale ad uopo, incaricato di amplificare la riflessione sul problema del dolore ricordo e sullo strappo irriducibile tra i vivi ei morti che questo dolore è comunque il solo a colmare, mentre resiste. L.C
Dall’Uruguay alla Francia fino all’Italia, è una corsa tra due continenti la carriera di Lucia Calamaro, drammaturga, regista e attrice. Nata a Roma, a tredici anni si trasferisce a Montevideo, seguendo il padre diplomatico. Laureata in Arte e Estetica alla Sorbona di Parigi, oltre all’insegnamento presso l’Universidad Catolica de Montevideo, ha preso parte come attrice e regista in molti spettacoli nella stessa città, e poi a Parigi e soprattutto a Roma, dove dagli inizi collabora ed è sostenuta dalla struttura indipendente Rialto Sant’ Ambrogio. Fonda l’associazione Malebolge nel 2003 e attraverso di essa dà corpo alla propria scrittura scenica.
scritto e diretto da Lucia Calamaro
con Riccardo Goretti, Alice Redini, Simona Senzacqua
assistenza alla regia Giorgina Pilozzi
disegno luci Loic Hamelin
scene e costumi Lucia Calamaro
contributi pitturali Marina Haas
una produzione Sardegna Teatro – Teatro Stabile dell’Umbria
in collaborazione con Teatro di Roma – Theatre National de L Odèon – La Chartreuse D Avignon – Angelo Mai e PAV
durata 110’ più intervallo