ARMUNIA
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Dal Theater on Mikhailovskaya di Kiev all’Italia grazie al progetto “Residenze Per la Pace”

Grazie al Progetto MIR (мир) – residenze per la pace, ventisette residenze italiane sono riuscite ad ospitare 10 artisti in fuga dall’Ucraina, per fornire tramite la cultura un aiuto concreto alla crisi umanitaria in corso. Il progetto, che è stato promosso in Ucraina da Artists at risk e Ukraine Cultural Foundation, si è ben intrecciato con l’idea italiana di centro di residenza, un senso di casa e di interconnessione tra le stesse.

Armunia ha partecipato al gruppo progettuale coordinato da IDRA Teatro, progetto sostenuto dalla rete europea “Be SpectACTive” e dal Ministero della Cultura. Dopo essere state in residenza presso Kilowatt Festival (Sansepolcro), La Corte Ospitale (Rubiera), Teatri di Vita (Bologna), L’arboreto – Teatro Dimora (Mondaino), Spazio ZUT! (Foligno), Fabbrica Europa (Firenze), dal 18 Luglio al 01 Agosto Polina Chebanu (29), Yuliana Kozlovets, (32) Yeva Kozlovets e Lydia Kuznietsova (28) del Theater on Mikhailovskaya di Kiev sono state ospiti di Fondazione Armunia.

Polina Chebanu, Liidia Kuznietsova e Yuliana Kozlovets, giunta con la sua piccola Yeva Kozlovets, sono le artiste che dal 17 luglio al 1 agosto hanno lavorato e condiviso con Fondazione Armunia momenti di ricerca. La compagnia di provenienza, la New Ukrainian Theater Art Center, nasce nel 1998 e attualmente ha due teatri: il Theater on Mikhailovskaya di Kiev e il teatro per bambini Sun. La compagnia propone da sempre un repertorio per tutte le età, con drammaturgie contemporanee e classiche. Prima dello scoppio della guerra le artiste ci raccontano che la compagnia era solita fare spettacoli e tournée all’estero e in Europa.

Polina, Yuliana e Liidia ci raccontano la loro relazione con il teatro, la prima di aver studiato arte, teatro e pittura al college, Yuliana di avere una formazione universitaria guidata dallo stesso direttore e fondatore della compagnia Vitali Kino e Liidia di aver iniziato fin da piccolissima.

Dalle parole delle artiste capiamo che la situazione ucraina antecedente alla guerra, poneva già dei grossi limiti alla creazione artistica. Polina infatti ci racconta che in Ucraina il governo non dispone dei fondi necessari per finanziare le attività culturali, così non vi sono teatri nazionali o centri di ricerca sostenuti economicamente dallo Stato. Anche le residenze sono difficilmente praticabili, ma esistono laboratori e webinar. Per il gruppo si tratta quindi della prima residenza, un’esperienza che ha scardinato l’abitudine a montare gli spettacoli in un unico spazio e introdotto nuovi temi e strumenti per la loro ricerca. 

Polina parla con grande emozione delle residenze, un’attività di fatto necessariamente positiva per conoscere performance, persone e artisti.

“Dobbiamo avere una grande esperienza lavorativa per sviluppare in nostri lavori, servono esperienze di vita per lavorare sul palco”.

Dopo una prima impressione siamo pronti ad entrare nel vivo della ricerca artistica del gruppo. Con grande soddisfazione le artiste affermano che lo spettacolo, composto da sei scene, attualmente è pronto. Durante le residenze non sono state solo interpreti, ma si sono cimentate come tecniche del suono, delle luci e nella costruzione dei costumi e degli oggetti di scena. Hanno scelto e creato le musiche attingendo anche dalla tradizione popolare ucraina e montato video ed effetti.

Le artiste ci raccontano che l’idea di creare uno spettacolo che parlasse ai bambini della guerra è nata quando ancora si trovavano in Ucraina, a pochi giorni dall’inizio del conflitto:

“L’idea di parlare ai bambini della guerra nasce in Ucraina, abbiamo capito che per mantenere la salute psicologica dei bambini in questa situazione bisogna parlargli correttamente, fornire informazioni giuste e supportarli abbondantemente dal punto di vista psicologico. Abbiamo anche capito che noi stesse da bambine non abbiamo mai conosciuto nessuno che ci parlasse della guerra. É stato difficile anche per noi e avremmo bisogno di un supporto psicologico. Per questo abbiamo deciso di combinare psicologia e arte in questo progetto perchè, come mi piace dire, tramite il respiro dell’arte tutto si percepisce e si può accettare molto meglio.”

Nella prima residenza a Kilowatt Festival (Sansepolcro) la ricerca artistica spinge Liidia, Yuliana e Polina a cercare informazioni su come parlare ai bambini della guerra. Durante tutta la residenza leggono libri, cercano informazioni, ascoltano lezioni online di psicologi. Infine alla residenza le artiste hanno restituito una presentazione sul materiale studiato. 

“Le persone devono imparare come si parla correttamente perché i bambini non capiscono cosa succede, cosa dovrebbe o non dovrebbe essere normale. É fondamentale capire come si sentono i bambini”

Durante la residenza a Teatri di Vita (Bologna) le artiste ci raccontano di aver iniziato a montare le prime scene e a costruire alcune decorazioni realizzandole con materiale di riciclo. Con emozione, Polina ci confessa la soddisfazione di essere tornate a lavorare. 

Cerchiamo allora di sapere di più della storia. La protagonista è una bambina di otto anni (al momento non presente e sostituita da file audio e alcune registrazioni) che vive vicino a Kiev con i suoi genitori – attualmente la zona di episodi più crudi. La bambina però sul palco diventa adolescente e inizi a raccontare di come ha vissuto la guerra, del padre militare, della vita in un rifugio anti-bomba, della sua confidente Katia. Il racconto avviene in terza persona e sul finire dello spettacolo la ragazza esprime un giudizio su cosa pensa le sia stato giusto raccontare e cosa avrebbe preferito non sapere. La retrospettiva psicologica trasforma lo spettacolo in una specie di webinar psicologico.

“Credo che questo potrebbe aiutare il popolo ucraino a sostenere i bambini e se stesso, perchè nessuno parla ai cittadini della guerra. Anche noi vorremmo ricevere ’aiuto psicologico, e realizzare questo spettacolo in parte è stato un sostegno emotivo forte.”

Polina ci parla con speranza del periodo che seguirà la fine della guerra, un momento storico in cui molte persone soffriranno di depressione e disturbi post traumatici da stress. La conferma della estrema necessità di questo momento artistico viene confermata anche dai numerosi incontri con la popolazione ucraina attualmente residente in Italia.

Con delicatezza chiediamo allora alle interpreti se pensano di riprendere lo spettacolo in ucraina. Con gli occhi pieni di speranza Liidia ci conferma che lo spettacolo verrà restituito e che al momento al Teatro di Mikhailovskaya alcuni membri della compagnia hanno ripreso a lavorare, anche se molti sono fuggiti all’estero o hanno preso le armi. 

Liidia, Yuliana, Polina e la piccola Yeva ci salutano pronte a partire per l’ultima residenza presso Fabrica Europa (Firenze). Nonostante l’incertezza e la preoccupazione per la propria terra e i propri familiari ci lasciano con la speranza e la certezza che il loro spettacolo possa realmente aiutare le persone e non solo i bambini ma anche gli adulti. 

“Il nostro progetto lascerà lunga vita al teatro e una lunga vita sul palco”.

 

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