13/09/2024 -> 17/09/2024
Teatro Nardini
Danza
Nei mesi invernali quando la luna è piena o quasi, può capitare che la sua luce venga rifratta dai cristalli di ghiaccio presenti nelle alte nubi della troposfera generando così un alone di luce attorno al satellite. A volte si possono manifestare anche due piccoli archi luminosi ai lati, figure speculari con la classica scala di colori dell’arcobaleno comunemente chiamati ‘cani lunari’.
Nella tradizione popolare questi fenomeni ottici dell’atmosfera annunciavano il brutto tempo in arrivo: contando le stelle presenti all’interno della circonferenza del cane lunare, si poteva prevedere il numero di giorni di tempesta.
La luna occupa da sempre uno spazio importante nelle credenze popolari e nella magia.
In Storia Notturna Carlo Ginzburg rivela una stretta connessione fra queste pratiche magiche e i culti estatici femminili rivolti a una dea notturna dai molti nomi spesso identificata con Diana. Culti che sembrano derivare da un remoto sostrato euroasiatico e in cui ricorrono temi sciamanici come l’estasi, il volo magico e la metamorfosi in animale.
Con CANI LUNARI si vuole porre l’attenzione su una figura da sempre marginale nella società ma che continua a riprodursi nel tempo con tratti comuni e uniformità - quella della strega, della guaritrice, della magiara, come viene chiamata nel Meridione italiano.
Questa sorta di astoricità della magia - nelle pratiche e nella figura stessa di chi le attua - secondo Ernesto de Martino affonda le sue radici nella paura umana, nell’incertezza, nel rischio di ‘essere agito da’ forze esterne e di perdere quindi la propria presenza nel mondo; rischio che può essere dominato solo con una forma culturale e rituale riconosciuta dalla comunità. Col rito magico l’essere umano vive e risolve la crisi nel piano simbolico, ripetendo parole e gesti di qualcuno che in passato ha vissuto la stessa difficoltà superandola. La rassicurazione viene dal mito ed è proprio il mito a consentire questa uniformità nel tempo.
CANI LUNARI vuole essere una riflessione sulla magia intesa in senso generale come ‘curvatura politica’, come un sapere alternativo alla logica della scienza positiva, senza considerare quest’ultima come l’unica forma di conoscenza possibile, senza confidare soprattutto che lo statuto di realtà incardinato da questa postura conoscitiva, coincida con la realtà in assoluto. I meccanismi insiti nelle pratiche mantiche possono rappresentare un mezzo di ‘autodifesa gnoseologico’ che permette la sopravvivenza di una forma mentis capace di sostare nell’‘ignoto noto’ e di far dialogare forme di razionalità ‘normalmente’ incompatibili.
Di fronte alla deriva autodistruttiva della ragione strumentale e della tecnologia, la magia non è un antidoto. Può però essere considerata una forma di auto-cura, giochi o esercizi per addestrare la nostra capacità pratica di re-incantare il mondo contro ogni fede, religiosa o scientista
Nello specifico in CANI LUNARI verrà presa in considerazione l’immagine forse più caratteristica connessa alla figura della strega e della maga, quella del sabba:
‘Le streghe si radunavano di notte, generalmente in luoghi solitari, nei campi o sui monti.Talvolta arrivavano volando, dopo essersi spalmato il corpo di unguenti, a cavallo di bastoni o di manici di scopa; talvolta invece in groppa ad animali, o trasformate in animali esse stesse. Coloro che venivano ai raduni per la prima volta dovevano rinunciare alla fede cristiana, profanare i sacramenti e presentare omaggio al diavolo. Seguivano banchetti, danze, orge sessuali.’
Così scrive Carlo Ginzburg in Storia Notturna. Questo stereotipo si consolidò in Europa durante il periodo della caccia alle streghe - tra l’inizio del 1400 e la fine del 1600 - come compromesso tra elementi di origine dotta ad opera degli ‘intellettuali’ del clero, ed elementi di origine popolare. Secondo lo storico le radici folkolriche del sabba vanno ricercate in culti agrari di carattere estatico. Culti che costituivano varianti locali di quello che era stata secoli prima l’esperienza estatica delle seguaci di Diana, Erodiade, Holda, divinità notturne legate alla luna e alla fertilità. Andando ancora più indietro nel tempo, si possono rilevare assonanze con gli sciamani eurasiatici. Di fatto sono elementi di provenienza sciamanica sia il volo notturno che la metamorfosi in animale.
Per l’appunto, il volo notturno delle streghe per andare al raduno è stato generato da una rilettura popolare del volo mistico in stato di estasi, quando lo spirito si distacca dal corpo esanime per combattere con spiriti maligni o entrare in contatto con l’aldilà. E anche la trasformazione delle streghe in animali è in realtà una trasposizione dell’estasi sciamanica seguita dalla fuoriuscita simbolica dell’anima in forma di animale.
In generale tutti i miti antichissimi confluiti nel sabba rielaborano un tema comune: andare nell’aldilà, tornare dall’aldilà. Il passaggio in una dimensione altra, necessaria per ogni pratica mantica, dalla divinazione attraverso la lettura dei tarocchi a sistemi più complessi, avviene grazie ad una sorta di possessione, uno stato di trance estatica.
Al mondo delle benefiche figure femminili che elargiscono prosperità, ricchezza, sapere, si accede attraverso una morte provvisoria. Il loro mondo è il mondo dei morti. Apparizioni ed estasi sono ed erano modi di comunicazione tra viventi e morti.
Ed è proprio questo stato di coscienza alterato che verrà indagato in CANI LUNARI, attraverso pratiche coreografiche che innescano quella ‘concentrazione sognante’ di cui parla spesso Ernesto De Martino nei suoi testi sul sud magico.
Nella cultura greco-latina l’anima veniva spesso rappresentata sotto forma di uccello. Molte narrazioni su Aristea, eroe capace di cadere volontariamente in catalessi, lo raffiguravano nell’atto di far uscire l’anima dalla bocca in forma di corvo. Nelle Metamorfosi Ovidio accennava alla capacità delle maghe scite di trasformarsi in uccelli. E facendo un salto temporale in avanti, in Scozia tra la fine del 1500 e la fine del 1600, le donne processate come presunte streghe raccontavano di piombare periodicamente in ‘extaseis and transis’ abbandonando il corpo esanime nella forma di una cornacchia.
Seguendo questa ricorrenza tematica, le danzatrici in CANI LUNARI, avranno ciascuna un corvo imbalsamato in mano, a simboleggiare lo stato estatico e il distaccamento dello spirito. Il corpo di ogni singola performer entrerà in dialogo col corrispettivo alter-ego creando una relazione di empatia e reciproca affezione, di fatto cercheranno di comunicare con la ‘propria anima’.
L’ingresso in uno stato altro di presenza sarà facilitato anche dall’uso della voce - verranno sussurrate formule della tradizione magica del sud quasi come fossero un mantra. Queste saranno recuperate da materiale di archivio e tramite ricerca etnografica sul campo in territori ancora strettamente legati alla magia.
Le stesse formule saranno utilizzate come testo base per comporre le musiche del lavoro; le sonorità tradizionali verranno rielaborate in chiave elettronica.
NOTE SULLA MUSICA
Vera Di Lecce
La ricerca sonora partirà da registrazioni sul campo (field recording) nei territori di Puglia, Barbagia e Sicilia, per poi espandersi su aree più vaste, in stretta connessione con la ricerca etnografica in corso. Le performers saranno immerse in una dimensione quasi onirica, sospese tra suoni naturali (boschi, pinete, radure, acqua, vento, fuoco, canto degli uccelli...) e suoni elettronici, spesso gli stessi suoni rielaborati, modificati e restituiti da sintetizzatori. Lo stesso accadrà per i suoni vocali, in un'alternanza tra "suono del corpo" e "suono dello spirito".
La trasformazione del suono da naturale ad elettronico e viceversa rappresenta simbolicamente il processo estatico di "fuoriuscita" dal corpo fisico, essendo qui stato scelto il suono elettronico come suono del divino, dell'ultraterreno, "suono dello spirito". Le due qualità di suono saranno intrecciate in una massa sonora in movimento, nella quale a volte sarà possibile distinguerli nettamente, a volte se ne seguirà la metamorfosi nell'uno o nell'altro senso, come avveniva per il corpo della Magiara.
Le formule magiche saranno accompagnate dai suoni di oggetti che venivano usati per gli incantesimi. Uno strumento elettronico (chitarra elettrica, lap steel guitar...) scandirà le diverse fasi del rito sciamanico, lasciando percussioni, drum machines e suoni sintetici a descrivere il ritmo ossessivo dell'estasi al suo culmine: la ripetizione dello scongiuro lo rende effettivo, la ripetizione del gesto e del suono porta ad uno stato alterato di coscienza, ad un nuovo "percepire", una forma altra dell' "essere".
La creazione musicale vivrà un intreccio profondo con il lavoro coreografico e filosoficoantropologico dello spettacolo, in un fluire magico del femminile.
NOTE SUI COSTUMI
Per quanto riguarda i costumi, verranno prese in considerazione le varie confessioni delle presunte streghe registrate negli atti dei processi avvenuti in Europa a partire dalla fine del 1300.
Tutte sostenevano di incontrare strani spiriti dall’aspetto di donne ben vestite, le bonae dominae, che insegnavano loro le virtù delle erbe (virtutes herbarum), rimedi per curare malattie, il modo di trovare le cose rubate e di sciogliere i malefici.
Alcune donne processate in Scozia raccontavano: ‘erano vestite splendidamente, con panni candidi, abiti bianchi e morati…’.
Il demonologo Guglielmo d’Averna in un passo di un suo trattato scrive di spiriti che appaiono sotto forma di fanciulle o matrone vestite di bianco, ora nei boschi, ora nelle stalle dove fanno sgocciolare candele di cera sulle criniere dei cavalli, da loro accuratamente intrecciate.
Apparizioni simili avvennero anche in Sicilia, una vecchia di Modica testimoniava di essere stata invitata a danzare da ‘tre giovinette vestite di bianco, e con in testa un turbante’.
Dai molteplici racconti tutte avevano un copricapo che celava parzialmente il loro volto e che forse riecheggiava qualche acconciatura locale. Si pensa che il volto fosse coperto, che le bone dominae si nascondessero il viso o avessero spesso il capo chino perché al loro sguardo si attribuiva un potere letale e doveva essere evitato. A volte si parlava di una loro parziale incapacità di vedere; probabilmente una rielaborazione della figura della maga che nel mondo delle fiabe custodisce l’ingresso al regno degli animali e dei morti. Questa infatti è spesso cieca in senso passivo oltre che attivo: invisibile ai vivi oltre che incapace di vederli.
In Cani Lunari le performer indosseranno quindi abiti bianchi con ricchi ricami e un
copricapo anch’esso bianco che coprirà parzialmente il volto. Il tutto sarà realizzato in collaborazione col collettivo di stilisti milanese Lessico Familiare.
regia e coreografia Francesco Marilungo
con Alice Raffaelli, Barbara Novati, Roberta Racis, Francesca Ugolini, Vera Di Lecce
musica Vera Di Lecce
outfit Lessico Familiare
(produzione e partner da definire)