ARMUNIA
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Komoco, primo incontro di Rita Frongia

Nureyev disse che ogni uomo dovrebbe danzare tutta la vita, non essere un danzatore, ma danzare. Quando le persone danzano, i dintorni si fanno più belli, figuriamoci quando si muove un danzatore che sembra stare al mondo come un filosofo muto!

Il corpo del danzatore è più del corpo, è un corpo esteso nella ricerca, un corpo che -muovendo l’aria che ha intorno- crea senso e allerta i sensi.

Ospite Armunia per un progetto di Angela Fumarola dedicato allo studio e mosso dal desiderio di creare connessioni e incontri fra artisti di varie discipline, ho avuto la fortuna di seguire per qualche giorno le prove di IMA, spettacolo diretto da Sofia Nappi (splendida) con un quintetto di (splendidi) danzatori (progetto Komoco). Direi -per stare leggera- che Komoco è una compagnia splendente.

Sofia, chi sono i tuoi maestri?

Mi ha parlato di Hofesh Shechter e di altri maestri, poi ha fatto una lunga pausa e -con gli occhi che si dilatavano a rallentatore – ha detto: Mio nonno. Era uno scultore, lui è il mio primo maestro di danza.

Ho pensato al rapporto fra le arti figurative e la danza, alle opere scultoree che trattengono un desiderio di movimento e anzi, talvolta si muovono, la ballerina di Rodin, per esempio, vola, l’uomo di Giacometti cammina.

Alla danza non manca la parola, così come a una scultura non mancano i muscoli. 

Ho chiesto alla compagnia: quando un movimento diventa danza? 
Mi hanno detto che loro non ci pensano perché danzano sempre, inizialmente mi è sembrata una non risposta ma in realtà, ora comprendo, è simile a quel che dice – limpido- Dominique Dupuy:

La danza è l’atto creatore di chi s’appresta a danzare e che ha preso questa decisione nel suo intimo. 
È il danzatore che fa la danza, egli è la danza che va facendosi, egli è la danza.

Sento che ci vuole una energia straordinaria per far stare in piedi le mie figure, un istante dopo l’altro, c’è sempre nello spazio e nel tempo la minaccia di una caduta, della morte.
(Alberto Giacometti) Un istante dopo l’altro, l’attimo, il momento presente che è appunto il significato di IMA in giapponese e somiglia a Kairos in greco, la cosa che avviene nel tempo giusto e quindi diventa speciale, un piccolo evento, ecco, pensavo di chiedere a Sofia:
come fate a trattenere la vita nella ripetizione? 
come fate a resistere alla minaccia della morte?
Non è stato necessario chiedere perché la risposta l’ho trovata seguendoli in prova, nei fatti.

Il quintetto di danzatori non si limita a fare quello che sa, ma riattraversa il conosciuto per cercare quello che ancora non sa. 
I performer stabiliscono una relazione (con persone, tempo e spazio) al presente. È la differenza che c’è fra rappresentare un’idea e essere un’idea (fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare), fra illustrare un fatto e farlo accadere, far succedere gli istanti nel tempo presente, Ima, kairos, il teatro.

IMA un lavoro che a guardarlo viene voglia di essere toccati e di toccare. 
Trasmette una certa felicità di esistere.

Avrei voluto avere più tempo per interrogarmi con loro sulla differenza che c’è fra il buffo e il comico in relazione al movimento. Si è appena accennato al fatto che il buffo mi dice che qualcosa fa ridere, mentre il comico fa ridere,  il buffo rappresenta un’idea, mentre il comico è, è un tempo giusto (kairos), è la nascita di un tempo. 
Ancora un altro mare fra il dire e il fare.

Seguire le prove è stato come vedere in timelapse la crescita di un giardino libero, non abbandonato, libero: ognuno di loro è una pianta che stabilisce relazioni continue con le altre piante e col circostante, in un flusso che desidera essere ininterrotto. 

Nella direzione di Sofia Nappi c’è grazia e amore per le persone, rende esaltanti le anomalie dei performer, così umani eppure -verrebbe da dire- così in dialogo! Persone.
Persone nell’azione e nel pensiero della danza. 

I nomi di queste persone: Lara di Nallo, Valentin Durand, Evelien Jansen, Paolo Piancastelli, Gonçalo Reis, Sofia Nappi, Adriano Popolo Rubbio.

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