17/10/2024 -> 24/10/2024
Teatro Nardini - Rosignano Marittimo
Teatro
omaggio a quattro mani e voce sola a B.M. Koltès
IL PROGETTO
Piove quando un uomo entra in un bar, dopo aver perso il treno e bagnato come un cane, si siede e inizia a ululare la sua storia, struggente come una serenata, sconnessa come un delirio. Nessuno pare ascoltarlo o, forse, chi ascolta è così attento da sembrare invisibile. Ispirato dal fluviale monologo di Bernard Marie Koltès La notte poco prima delle foreste, il progetto Come un angelo in tutto questo bordello è un'indagine sugli incontri salvifici, sulle storie da strada e i treni che non passano, sulla necessità poetica e politica del parlarsi faccia a faccia in un mondo che non fa altro che correre indifferente.
UN MANIFESTO POETICO
La notte poco prima delle foreste è un testo quasi irrappresentabile: una cascata di parole senza un punto fermo, una sequenza fluviale di pensieri, ricordi, deliri politicanti, confessioni metropolitane. Qualcuno si ferma sotto la pioggia e inizia a parlarci. Non si sa dove siamo, dove andiamo, a chi parla chi parla. Si sa solo che lui, quello che parla, è uno straniero, un “negro”, uno di quelli provenienti dalle ex colonie francesi arrivati in Europa. Ci racconta la sua storia, i suoi amori, le sue speranze.
Siamo partiti da qui, dalla storia di questo immigrato socialmente esiliato e dal suo sentirsi straniero. Koltès, con la sua storia ambientata in un bar parigino pieno di specchi, ci ha fatto poi sorprendentemente da specchio a sua volta: la ricerca ci ha condotto lentamente a noi stessi, al fatto che iniziamo a sentirci un po’ stranieri a nostra volta, o meglio un po’ estranei, o se vogliamo un po’ strani. A poco a poco, ci è parso sempre più chiaro che, facendo parlare un immigrato africano, Koltès stava in realtà dando parole anche a noi, uomini e donne dell’Occidente globalizzato, perché ormai anche noi, come lui, siamo stretti dalle morse di un capitalismo che ha trasformato i giorni in giornate lavorative, il desiderio in profitto, la vita in un lungo spostarsi avanti e indietro, e come dice Koltès, «il lavoro è sempre comunque da un’altra parte». Stranieri della vita, ci siamo resi conto anche noi che non vorremmo altro, come dice il protagonista, che un prato dove stenderci e provare a dirci con calma quello che vorremmo dirci. Dopotutto, perché tutti questi andirivieni, questo isolamento? È veramente vita quella che siamo costretti a vivere? Che senso ha? E quando smette di averne… che succede? Ecco, stiamo iniziando a porci la domanda.
Come un angelo in tutto questo bordello è poi il tentativo di raccontare una serie di incontri: in primis quello fra noi artisti all’opera, sul dialogo che abbiamo cercato di instaurare come coppia di lavoro, stando dentro e fuori dal testo. Poi quello fra noi e Koltès: il suo testo è diventato un pretesto, un materiale da riscrivere e tradire, con la fedeltà di un amore unico, esplorandolo come su un ring. Quello che siamo arrivati a portare in scena è, infatti, il nostro corpo a corpo con lui e le sue parole, cercando di salvaguardare margini di improvvisazione che rinnovino la vita in scena sera dopo sera. In questo, abbiamo visto poi emergere un’analogia profonda fra il personaggio anonimo di Koltès e il ruolo dell’attore in scena: disperati, affamati, cercano entrambi di esistere nello sguardo di qualcuno coi loro numeri da strada. Di essere amati da uno sconosciuto anche solo per cinque minuti. E da ultimo tentiamo di raccontare la dinamica stessa del testo, l’incontro fra Koltès e quel silenzioso operario straniero che Bernard Marie intravede una sera in un bar a Parigi. I due si guardano e stanno in silenzio, ore di silenzio, che poi Koltès vomita nel suo testo, nel tentativo di dare parola a quell’uomo che parole non ne aveva più. Come un angelo in tutto questo bordello è quindi uno spettacolo sul mondo di Koltès filtrato attraverso i nostri occhi: siamo partiti da lui, per arrivare a noi, per tornare a lui e ora non sappiamo più chi è chi.
LA RICERCA
Ci siamo incontrati intorno a Koltès senza nemmeno rendercene conto. Sembrava un caso. Una sera, una lunga chiacchiera di fronte a diversi calici di vino, abbiamo parlato di tutto: amore, lavoro, felicità, infelicità, teatro, senso della vita. Alla fine, quando ci siamo chiesti: «Ma cosa ci facciamo noi qua?» Mattia ha tirato fuori Koltès, lo stesso testo su cui un anno prima Jacopo aveva lavorato per poi abbandonarlo. Sembrava un caso ma non poteva essere un caso. Rileggendolo, ci siamo accorti in effetti che Koltès parlava esattamente del nostro incontro: due che non si conoscono, parlano assieme, bevono assieme, condividono un tempo alla fine del quale, miracolosamente, ci si sente uniti. Solidali. Sentivamo di volerci bene.
Così siamo partiti, dunque: dalla curiosità di seguire le lampadine accese dal caso.
Iniziamo a lavorare nel 2020, con una serie di riflessioni e discussioni via Zoom. Nel 2021 approdiamo finalmente a due tappe operative, una in provincia di Milano nel mese di febbraio, l’altra a Bisceglie nel mese di marzo. Sono state due tappe importanti, perché ci hanno permesso di conoscerci nel vivo della pratica e di iniziare a sperimentare: improvvisazioni su porzioni di testo, estenuanti esercizi di memoria, tentativi di autofiction. Abbiamo concluso le nostre residenze con un alfabeto comune, fatto di brandelli di scene, regole improvvisative, composizioni, barlumi di scoperta. Ci salutiamo con questa conquista: aver trasformato il mondo della strada di Koltès in un luogo dell’immaginazione dove tutto è possibile: a volte vediamo un netturbino che lava i pavimenti della stazione della metro con la divisa catarifrangente, a volte uno showman del pianobar in frac, sotto un occhio di bue, che si esibisce nell’ultimo, glorioso numero della sua vita.
La prima vera occasione di sostegno al progetto però è nell’autunno del 2022. Grazie alla residenza Artefici di Artisti Associati (Gorizia) possiamo lavorare per due settimane sulle intuizioni di quasi diciotto mesi prima. Sono quindici giorni ricchi e fertili, dove verifichiamo, con meraviglia, di come il tempo trascorso abbia fatto crescere i semi piantati nel 2021, giorni che ci permettono di indagare il testo, componendo un primo studio di mezz’ora su grosso modo metà dell’opera originale.
Approdiamo poi nel 2024 alla Borsa Teatrale Anna Pancirolli. La semifinale prima e la finale poi ci danno modo di coagulare circa 35 minuti complessivi di lavoro. La strada della scrittura originale su materiali improvvisativi è ormai segnata, ci camminiamo sopra senza rendercene del tutto conto, ma ormai è così. La vittoria del premio ci regala quindi una residenza ad Armunia nel periodo estivo dello stesso anno e il debutto, il 27 ottobre 2024, a Milano, presso il Teatro Edi’s Barrio. Grazie al sostegno produttivo, possiamo coinvolgere nel progetto Alberto Biasutti come light designer.
COME ABBIAMO LAVORATO
Dicevamo che La notte poco prima delle foreste è un testo quasi irrappresentabile, con niente di teatrale o di facile o di comodo, anzi: cinquanta pagine di parole, senza didascalie, apparentemente senza azione diversa da questo disperato dire. Ma come fare, a dirle, quelle parole, tutte quante e per tutto quel tempo? Attirati dal desiderio di esplorare questo testo e il suo mondo, abbiamo iniziato un viaggio di esplorazione e studio che è durato quasi quattro anni. Abbiamo fatto il giro lungo e, sedotti dalla teatralità di questo monologo, lo abbiamo fronteggiato, instaurando con l’impossibilità di metterlo in scena così com’è un nostro corpo a corpo.
Attore e regista/dramaturg, abbiamo lavorato assieme per cercare tangenze fra performer e personaggio, attimi di visione, possibilità di manovra, capacità di gestione del racconto. In questo tentativo di sovrapposizione e scambio fra attore e personaggio, abbiamo seguito due assi: la ricerca sull’improvvisazione e la riscrittura drammaturgica a partire da materiali originali.
Sulla prima: convinti la vita in scena debba svilupparsi come fa quella fuori dalla scena, ossia per scarti, negazioni e sorprese, abbiamo cercato di lavorare all’interpretazione dell’attore, dandoci costantemente dei compiti e comprendendo come salvaguardare margini di improvvisazione in diretta. È il teatro che ci piace fare e inventare, un teatro che non sa bene tutto quello che creerà. Per questo, vicino all’attore che racconta la sua storia, siede in scena anche il regista/drammaturgo: a volte scandisce il tempo, a volte cambia le carte in tavola, a volte sussurra una direzione diversa, creando una triangolazione che si fa a sua volta racconto.
La riscrittura e l’uso di materiali drammaturgici mutuati dall’interprete ci sono, invece, serviti in un primo tempo da ponte. Come raccontare, infatti, questa storia? Sentivamo che dovevamo trovare un modo che ci divertisse e ci coinvolgesse in prima persona. Per farlo non potevamo che allontanarci inizialmente dal mondo dell’opera e partire da noi stessi, in questo caso da Mattia e dal suo immaginario. Abbiamo oscillato fra allestimento e riscrittura, tra fedeltà e tradimento, sinché, progressivamente, non ne è venuto fuori un altro testo, il nostro, che speriamo restituisca lo spirito dell’opera di Koltès da cui siam partiti.
Quello che ci ha spinto (e che vogliamo proseguire) è stato un lavoro pedagogico delicato, che ha implicato tempi lunghi di appropriazione e avvicinamento, tentativi e fallimenti, e che però oggi ci sembra tanto più essenziale di fronte all’evidenza post-pandemica che il sistema (in tutti i sensi) è al collasso. È tempo di difendere i desideri, è tempo, anche se vedranno la scena magari tardi, magari mai, di curarsi delle cose. Dobbiamo. Ci rimane solo questo. Come dice il protagonista del testo: «Io ho preparato tutto per incontrarti». Questo sentivamo e sentiamo che ci rimane da fare, prenderci cura di tutto, al meglio che possiamo.
Trailer
https://youtu.be/QFC4JDYv3zU
Primo studio
https://youtu.be/HudjLdXkwOc
Galantino/Bottani è un duo artistico di recente formazione. Incontratisi nel 2020 in piena pandemia, Mattia Galantino (attore) e Jacopo Bottani (attore e dramaturg-regista) si scelgono per portare avanti un esperimento di pedagogia e ricerca sul teatro d’attore, sulla recitazione contemporanea e sui processi co-creativi. A fare da miccia il testo di Bernard Marie Koltès La notte poco prima delle foreste. Il resto lo fa l’incrociarsi dei desideri: mettere in scena il testo sognato da una vita per Mattia, fare da guida ad un processo artistico e continuare a sperimentare il proprio sguardo per Jacopo.
regia e adattamento Jacopo Bottani
con Mattia Galantino
light designer Alberto Biasutti
col sostegno di Artefici residenze creative FVG 2022 – Artisti Associati
progetto vincitore della 14° Borsa Teatrale Anna Pancirolli – col sostegno di Fondazione Armunia
si ringraziano Teatro Garibaldi di Bisceglie, Cooperativa La Speranza